Social e Surf: i nuovi guru mai visti in acqua

... questo articolo lo scrivo personalmente perché noi ci mettiamo sempre la faccia, sempre. Non è uno sfogo, ma una riflessione che da tempo mi gira in testa ...

di Matteo Nani – Presidente Sons of the Ocean

Social e Surf: i nuovi guru mai visti in acqua

Ciao a tutti, questo articolo lo scrivo personalmente perché noi ci mettiamo sempre la faccia, sempre. Non è uno sfogo, ma una riflessione che da tempo mi gira in testa, alimentata da ciò che ormai vediamo tutti sui social: guru del surf spuntati come funghi, pronti a pontificare su stili di vita, valori, cultura del surf… senza aver mai, e dico mai, vissuto davvero questo mondo.

Non ce l’ho con nessuno in particolare, ma mi sembrava arrivato il momento di scrivere due parole, fare un po’ di chiarezza generale e ricordare da dove veniamo. Nei prossimi giorni magari andremo a fondo, tema per tema.

Le origini del surf in Italia

In Italia c’è sempre stata la corsa al “io c’ero prima”… ma la verità è che il surf come cultura ha preso forma agli inizi degli anni ’70. In quel periodo, in diverse regioni, si iniziano a vedere i primi pionieri con tavole che oggi farebbero sorridere: mezzi windsurf senza vela, tavole autocostruite, legate alla caviglia con cavi d’acciaio – quelli dei freni delle moto, per capirci – o addirittura materassini gonfiabili.

Tra i primi nomi che ci vengono in mente ci sono i fratelli Fracas in Liguria, Farina e i fratelli Dini a Viareggio, Michele Romano, i fratelli Coppola e Federico MantovaniGraziano Lai e Maurizio Spinas in Sardegna, Pietrangeli, D’Anselmo e Pellegrini nel Lazio, insieme ad Alessandro Staffa… E poi c’è quella leggenda che si raccontava quando ho iniziato io: pare che la prima vera tavola da surf in Italia sia stata avvistata a Tirrenia negli anni ’50, portata da un soldato americano dopo la guerra. Verità o mito? Non lo sapremo mai, ma ci piace crederci.

Questa è la vera prima generazione del surf italiano, con tanti altri protagonisti che magari non citiamo, ma che sanno bene chi sono.

La seconda generazione: quando il surf diventa cultura

Poi arrivano gli anni ’80, e qui cambia tutto.La seconda generazione è quella che trasforma il surf in una subcultura vera e propria. Li riconoscevi a chilometri: pelle e capelli bruciati dal sole, costume Sundek rubato ai windsurfisti, vestiti larghi e fluo, infradito ai piedi e orecchino al lobo. Sempre in gruppo, come una tribù.

Vespa Special o Maggiolone Volkswagen per chi poteva, il top era il furgoncino T2. Musica reggae o rock a palla, e la spiaggia come seconda casa. Giorno e notte. Estate e inverno. Sempre nello spot. Nasce il concetto di “local”, perché ogni angolo di costa veniva esplorato, e quando trovavi la tua onda… la facevi tua.

Quello era un vero senso di appartenenza.Era fratellanza, anche tra local di posti diversi, perché c’era voglia di condividere la passione e far vedere il proprio spot con orgoglio.

I nomi?

Tanti, tantissimi. Cito solo alcuni tra i tanti perché quella generazione è stata davvero mitica: Sole Rosi, Pietrangeli, Marco Romano, Valerio Mastracci, il Gighi, Urtis, Jacopo Conti, Maddaleni, i fratelli D’Angelo, Patrizio Jacobacci, Valerio Catanorchi, il Testina (Andrea), Oliver Di Fazio, Jacopo Migliorini, Gabriele “Gabo” Raso

E intanto, senza che nessuno lo sapesse (perché mica c’erano i cellulari), anche al sud il surf prendeva vita, come nel Salento con DonricoDiego Miglietta, Mocio e il resto della banda.

È lì che il surf italiano fa la svolta: arrivano le prime gare, una sorta di federazione, i primi negozi specializzati, i primi viaggi. Si inizia a respirare surf davvero.

Il surf moderno e la deriva social

Poi arrivano gli anni ’90 e 2000, con surfisti fortissimi che hanno cambiato tutto: Bresciani, il giovanissimo D’Amico, e tanti altri che hanno portato avanti il sogno.

Ma è da lì che, piano piano, abbiamo perso qualcosa. Quel sapore unico, quell’identità. Qualcuno ha provato a tenere viva la fiamma, ma il mainstream e le multinazionali non di settore hanno travolto tutto. Hanno preso l’immagine e l’hanno stravolta. Hanno snaturato un mondo che era nostro, fatto di passione, sacrifici, amicizia vera e storie da raccontare.

I guru dei social: chi siete davvero?

E adesso? Adesso ci troviamo di fronte a personaggi che predicano bene sui social, parlano di surf, di rispetto, di stili di vita… Peccato che non sanno nulla di tutto questo, semplicemente perché non l’hanno vissuto.

E sapete una cosa? Parlando con gli “anziani”, con chi ha fatto la storia di questo sport in Italia, fa male vedere questa gente spuntare fuori dal nulla a dare lezioni su un mondo che non hanno mai nemmeno sfiorato.

Non è nostalgia. È rispetto. Rispetto per chi c’era, per chi ha costruito tutto questo senza like, senza follower, solo con il cuore e la pelle bruciata dal sole.

Nei prossimi giorni approfondiremo. Perché è giusto farlo, è giusto raccontare la verità su questo mondo che amiamo e che vogliamo continuare a difendere.

E adesso tocca a voi…

Ci piacerebbe che anche voi contribuiste a questa memoria collettiva. Raccontateci la vostra storia, le vostre prime onde, le persone che vi hanno insegnato il rispetto per il mare e per il surf.Mandateci i vostri racconti o le vostre foto a info@sonsoftheocean.it oppure commentate qui sotto.Perché il surf in Italia è fatto di persone vere, di esperienze vissute e di onde condivise.E solo continuando a raccontarcele possiamo tenere viva la nostra cultura.

Matteo Nani – Sons of the Ocean

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Un commento

  1. Ho iniziato, primi anni 90, 93 credo, grazie ad amici più grandi che mi hanno portato in acqua per la prima volta, con una tavola a cui mancava una pinnetta( ma tanto per cominciare andava bene uguale). La muta non ne parliamo, oggi vi sto rispondendo sdraiato su un lettino davanti allo spot Cokes alle Maldive. Senza il surf nella
    mia vita, chissà dove sarei adesso. La passione e l’amore non sono cambiate negli anni… anzi. Ciao Luigi

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